sabato 11 novembre 2017

Sull'orientamento delle porte-finestre dei nuraghi

L'archeoastronomia, materia affascinante. Ma ovviamente anche insidiosa. Come tutte le scienze applicate all'essere umano, e sopratutto al suo pensiero simbolico, tale disciplina richiede la massima rigorosità per essere applicata, pena l'incorrere in tremendi errori che vanno ad inficiare la ricerca.

In Sardegna, terra costellata da migliaia di Nuraghi e altre costruzioni ciclopiche e megalitiche, la disciplina ha trovato terreno facile. Iniziata in sordina negli anni '70 per mano di alcuni professori universitari, attualmente viene utilizzata (spesso in maniera impropria) da personaggi aventi il più eterogeneo background culturale.

L'archeoastronomia, come l'archeologia, è una materia che non ammette generalismi, affermazioni certe e definitive, o un approccio semplicistico.
Recentemente mi è capitato di leggere in un noto libro di archeoastronomia sarda, il recente "Astronomia della Sardegna preistorica", un'affermazione quantomeno generalistica, che in quanto conoscitore di nuraghi, trovo inammissibile e totalmente erronea.
Vediamo la citazione:

Astronomia nella Sardegna Preistorica Di Mauro Peppino Zedda (2013) p. 102.


"In questo decennio la proposta è stata accolta con favore da tanti studiosi,tra cui mi piace citare Clive Ruggles in Ancient Cosmologies (2005) e Giulio Magli in Mysteries an Discoveries of Archaeoastronomy (2009), mentre una critica è venuta dall’archeologa ungherese Emilia Pàsztor (2009), secondo Lei avrebbe avuto poco senso orientare l’ingresso della torre centrale dei nuraghes complessi verso la direzione da cui sorgevano le stelle del Centauro-Croce del Sud e poi chiudere la visuale con le torri aggiunte periferiche. Nella sua critica non ha tenuto in conto che le torri centrali dei nuraghes complessi hanno due celle sovrapposte a quella basale e ognuna di esse ha una porta- finestra orientata nello stesso identico modo dell’ingresso a terra. Dunque dalle due celle superiori si poteva osservare il sorgere delle stelle del Centauro-Croce del Sud nello stesso identico modo in cui lo si sarebbe osservato nel momento in cui veniva tracciato l’orientamento dell’ingresso di terra."

A parte la discordanza di trattamento tra la sequela di studiosi proposti all'inizio e l'archeologa ungherese, evidentemente non convinta della bontà della tesi proposta, si rimane sbalorditi nel leggere i toni semplicistici con cui viene postulata una regola generale, ferrea e intoccabile, che in realtà non è assolutamente veritiera.
Infatti esistono decine di casi conosciuti di nuraghi dotati di finestrone in cui le due aperture NON sono dotate dello stesso orientamento. Rarissimo poi osservare una seconda finestra (terza camera sovrapposta) come al S. Antine di Torralba. Lo Zedda propone come assodata una regola generale che non è assolutamente accettabile.
Il dubbio, conseguentemente, è che se l'autore generalizza così facilmente su dati che si dimostrano errati ad una conoscenza molto generica di nuraghi, quali altri errori potrebbero essere presenti nel testo?

Di seguito una sequela di casi che dimostrano fotograficamente come la regola generale proposta dall'autore non sia assolutamente valida.





Un cordiale saluto.