domenica 14 febbraio 2016

Zigantes de Pedras Tomo II: Recensione di Gabriele Maestri

Dopo aver letto il secondo volume ”Architettura sacra” dell’opera “Zigantes De Pedras” a cura del G.R.S. – Sandro Garau, Alessandro Atzeni , Tonino Mura – mi preme di fare alcune osservazioni.
Per prima cosa vorrei “sgridare” i tre autori perché hanno scritto e pubblicato questi libri con alcuni anni di ritardo. Non avendo a disposizione questi libri sono stato costretto a visitate negli anni passati i nuraghi, pozzi, tombe, insediamenti e quant’altro di nuragico unicamente con il piglio da turista. Guardi, capisci poco, fai un casino di foto e ti sembra di aver inteso tutto. E molti di questi da me visitati sono descritti nel libro, e sono evidenziate le cose che da buon turista non avevo notato. Pertanto la “sgridata” ve la siete meritata tutta.
A parte questa che potrebbe sembrare una battuta, mi voglio congratulare con questi tre signori per l’opera che hanno realizzato. Ho già avuto in passato l’occasione di apprezzare gli scritti del G.R.S. come il Tomo I dei Zigantes…, o come “La Luce del Toro” o altri interventi nei social e nei forum e con uno di loro anche di persona.
Sempre semplici, logici, chiari, documentati e con tanta voglia non di darti delle tesi assolute, bensì la voglia di portare chi legge attraverso un chiaro e documentato percorso mentale che conduce a delle conclusioni difficilmente contrastabili.
Nel libro moltissime foto, schemi, schede, non di uno o due nuraghi, ma di decine da loro visitati, fotografati e misurati in ogni particolare. E attraverso questa conoscenza acquisita sul campo presentano le logiche conclusioni. Per documentare gli spessori murari mettono le misure di 37 camere delle torri. O per ragionare sui mensoloni mettono la forma e le misure di 42 mensoloni diversi, decine di piante delle torri, oppure 16 pagine di schede complete di nuraghi monotorre e complessi.
Una mole di materiale sulla quale ragionare.
Difficile commentare tutto il contenuto e forse è meglio che chi è interessato al tema si procuri i tre libri della collana. Mi soffermo brevemente su alcuni aspetti che maggiormente mi hanno intrigato.
- La “cucitura dei paramenti” e “posa e registrazione” della torre. I corridoi e spazi interni progettati prima ancora di mettere su la prima pietra. Al solo pensare quanto ingegno, quanto lavoro organizzativo, quanti attrezzi e macchinari di ogni specie, conoscenze geologiche e di stabilità della struttura di questa mole, quanta immaginazione hanno avuto questi costruttori, vien voglia di chinare il capo con estrema umiltà nei loro confronti. E pensare che per fare diverse migliaia di queste torri le “ditte” costruttrici dovevano essere tante.
- L’utilizzo delle nicchie poste su diverse altezze come depositi delle spoglie mortali con relativi corredi. Come nei tempi moderni all’interno delle cattedrali si facevano inumare i personaggi di alto rango civile ed ecclesiastico, così nel periodo nuragico si deponevano nelle nicchie le spoglie probabilmente dei personaggi di alto rango. Nel testo non c’è scritto se sono state trovati solo dei corredi o anche urne cinerarie o anche le ossa dello scheletro. Nell’ultimo caso si sarebbero potute fare delle indagini di varia natura.
- Il passaggio architettonico e stilistico visibile in diversi particolari dei betili torre, altari in pietra, pozzi sacri e rotonde nel periodo tra la fine della costruzione dei nuraghi e secoli successivi.
Sono citati e descritti coi particolari diversi tra pozzi e edifici cultuali. Mi è dispiaciuto di non aver visto la descrizione particolareggiata (anche se indicata nella tabella dei pozzi – 47 in tutto) del complesso di Mezanni di Vallermosa composto da alcuni pozzi a raso, un pozzo coperto, due aree cultuali. Molto suggestivo anche per la localizzazione. E’ stato l’ultimo monumento che ho visto in terra sarda.
(mio album qui: https://photos.google.com/…/AF1QipPVGZQr6OSs5-vOIMszzHrgUML… )
- Osservazioni su giganti di Monti Prama, cosa rappresentavano e come erano situati all’interno del complesso. Concordo (per quel che vale) con l’idea che rappresentassero dei combattenti-atleti. Secondo me, e lo suggeriscono anche gli autori, non nel senso sportivo bensì come lottatori nelle cerimonie cultuali e funerarie. Simili attività erano in uso presso Camuni, Campani, Etruschi.
Le corna probabilmente infisse nei fori dei betili per “santificare” il modellino torre nuragica.
Tra molti popoli e in diverse epoche le corna indicavano uno status di eroe, sacerdote, simildivinità.
Nei tempi storici, periodo vichingo, a dispetto dei romanzi folcloristici che volevano le corna su ogni elmo, queste erano riservate ai soli einherjar ossia eroi caduti in combattimento.
Quindi i giganti come eroi divinizzati sono la spiegazione più plausibile.
Un ultima osservazione, per la quantità di materiale che a volte costringe a tornare ai capitoli già letti per capire meglio e confrontare i dati, sarebbe forse stato meglio dividere il tomo in due volumi più facili da maneggiare.
Adesso mi prendo una piccola pausa di qualche giorno/settimana e comincio il tomo III.

Complimenti ancora.

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