Dopo aver letto il
secondo volume ”Architettura sacra” dell’opera “Zigantes De
Pedras” a cura del G.R.S. – Sandro Garau, Alessandro Atzeni ,
Tonino Mura – mi preme di fare alcune osservazioni.
Per prima cosa
vorrei “sgridare” i tre autori perché hanno scritto e pubblicato
questi libri con alcuni anni di ritardo. Non avendo a disposizione
questi libri sono stato costretto a visitate negli anni passati i
nuraghi, pozzi, tombe, insediamenti e quant’altro di nuragico
unicamente con il piglio da turista. Guardi, capisci poco, fai un
casino di foto e ti sembra di aver inteso tutto. E molti di questi da
me visitati sono descritti nel libro, e sono evidenziate le cose che
da buon turista non avevo notato. Pertanto la “sgridata” ve la
siete meritata tutta.
A parte questa che
potrebbe sembrare una battuta, mi voglio congratulare con questi tre
signori per l’opera che hanno realizzato. Ho già avuto in passato
l’occasione di apprezzare gli scritti del G.R.S. come il Tomo I dei
Zigantes…, o come “La Luce del Toro” o altri interventi nei
social e nei forum e con uno di loro anche di persona.
Sempre semplici,
logici, chiari, documentati e con tanta voglia non di darti delle
tesi assolute, bensì la voglia di portare chi legge attraverso un
chiaro e documentato percorso mentale che conduce a delle conclusioni
difficilmente contrastabili.
Nel libro moltissime
foto, schemi, schede, non di uno o due nuraghi, ma di decine da loro
visitati, fotografati e misurati in ogni particolare. E attraverso
questa conoscenza acquisita sul campo presentano le logiche
conclusioni. Per documentare gli spessori murari mettono le misure di
37 camere delle torri. O per ragionare sui mensoloni mettono la forma
e le misure di 42 mensoloni diversi, decine di piante delle torri,
oppure 16 pagine di schede complete di nuraghi monotorre e complessi.
Una mole di
materiale sulla quale ragionare.
Difficile commentare
tutto il contenuto e forse è meglio che chi è interessato al tema
si procuri i tre libri della collana. Mi soffermo brevemente su
alcuni aspetti che maggiormente mi hanno intrigato.
- La “cucitura dei
paramenti” e “posa e registrazione” della torre. I corridoi e
spazi interni progettati prima ancora di mettere su la prima pietra.
Al solo pensare quanto ingegno, quanto lavoro organizzativo, quanti
attrezzi e macchinari di ogni specie, conoscenze geologiche e di
stabilità della struttura di questa mole, quanta immaginazione hanno
avuto questi costruttori, vien voglia di chinare il capo con estrema
umiltà nei loro confronti. E pensare che per fare diverse migliaia
di queste torri le “ditte” costruttrici dovevano essere tante.
- L’utilizzo delle
nicchie poste su diverse altezze come depositi delle spoglie mortali
con relativi corredi. Come nei tempi moderni all’interno delle
cattedrali si facevano inumare i personaggi di alto rango civile ed
ecclesiastico, così nel periodo nuragico si deponevano nelle nicchie
le spoglie probabilmente dei personaggi di alto rango. Nel testo non
c’è scritto se sono state trovati solo dei corredi o anche urne
cinerarie o anche le ossa dello scheletro. Nell’ultimo caso si
sarebbero potute fare delle indagini di varia natura.
- Il passaggio
architettonico e stilistico visibile in diversi particolari dei
betili torre, altari in pietra, pozzi sacri e rotonde nel periodo tra
la fine della costruzione dei nuraghi e secoli successivi.
Sono citati e
descritti coi particolari diversi tra pozzi e edifici cultuali. Mi è
dispiaciuto di non aver visto la descrizione particolareggiata (anche
se indicata nella tabella dei pozzi – 47 in tutto) del complesso di
Mezanni di Vallermosa composto da alcuni pozzi a raso, un pozzo
coperto, due aree cultuali. Molto suggestivo anche per la
localizzazione. E’ stato l’ultimo monumento che ho visto in terra
sarda.
(mio album qui:
https://photos.google.com/…/AF1QipPVGZQr6OSs5-vOIMszzHrgUML… )
- Osservazioni su
giganti di Monti Prama, cosa rappresentavano e come erano situati
all’interno del complesso. Concordo (per quel che vale) con l’idea
che rappresentassero dei combattenti-atleti. Secondo me, e lo
suggeriscono anche gli autori, non nel senso sportivo bensì come
lottatori nelle cerimonie cultuali e funerarie. Simili attività
erano in uso presso Camuni, Campani, Etruschi.
Le corna
probabilmente infisse nei fori dei betili per “santificare” il
modellino torre nuragica.
Tra molti popoli e
in diverse epoche le corna indicavano uno status di eroe, sacerdote,
simildivinità.
Nei tempi storici,
periodo vichingo, a dispetto dei romanzi folcloristici che volevano
le corna su ogni elmo, queste erano riservate ai soli einherjar ossia
eroi caduti in combattimento.
Quindi i giganti
come eroi divinizzati sono la spiegazione più plausibile.
Un ultima
osservazione, per la quantità di materiale che a volte costringe a
tornare ai capitoli già letti per capire meglio e confrontare i
dati, sarebbe forse stato meglio dividere il tomo in due volumi più
facili da maneggiare.
Adesso mi prendo una
piccola pausa di qualche giorno/settimana e comincio il tomo III.
Complimenti ancora.