lunedì 24 dicembre 2012

Le piramidi Maya come osservatori astronomici?


MAYA, SCOPERTO UN OSSERVATORIO ASTRONOMICO SOTTERRANEO

Mentre esplorava una grotta in una zona isolata della Penisola dello Yucatan, l'esploratore di National Geographic Don Slater si è imbattuto in un'incredibile scoperta: i Maya avrebbero usato la piattaforma all'interno della cavità come un osservatorio astronomico naturale.
In questo video girato in time-lapse dall'interno della grotta, si vede la piramide vicina, la più grande nella zona, in allineamento con il sorgere del sole in un giorno speciale che si verifica solo due volte l'anno: il passaggio allo zenit. La parte superiore della piramide è parzialmente crollata, quindi la vista non è esattamente quella che avevano i Maya.

Don Slater, Archeologo, Brandeis University
"Quando i Maya costruirono la città, allinearono la piramide più grande con l'ingresso della grotta, in modo che dalla piattaforma all'interno si vedesse la città con il panorama dominato dalla piramide allineata con il sorgere del sole durante il passaggio allo zenit, un giorno molto importante nel calendario solare Maya".
Una volta entrati nella grotta attraverso una gradinata, si riesce ancora a vedere ciò che videro i Maya. Il passaggio allo zenit - il momento in cui ai Tropici, due volte l'anno a mezzogiorno, il sole passa esattamente sopra la testa di chi osserva. Probabilmente serviva per regolare il calendario agricolo Maya.
Vista la particolare posizione della grotta, situata nel cuore dell'antico insediamento di Ikil, l'accesso regolare alla cavità, in particolare il giorno dello zenit, non sarebbe stato consentito a tutti.
Don Slater, Archeologo, Brandeis University
"Penso fosse accessibile a poche persone: l'ingresso della grotta non è molto grande e si trova in una zona che veniva controllata dall'élite della città".
"Per i Maya questa grotta era una sorta di chiesa, uno spazio sacro. Ma faceva anche un po' paura, perché le divinità che abitavano queste grotte, secondo le loro credenze, non erano proprio benevole. Avvicinandosi a questi spazi si potevano disturbare le divinità, sconvolgere gli antenati. Si poteva mettere a rischio la propria vita andando in questi luoghi e non solo per via dell'altezza e degli spazi ristretti, ma anche a causa degli spiriti che vivevano nelle grotte".
La grotta di Ikil con il suo osservatorio del passaggio allo zenit è solo una delle centinaia di grotte che Slater e il suo team hanno esplorato e studiato nello Yucatan. Si sono calati e addentrati in spazi ristretti, andando dove nessuno si era mai avventurato.
Lo scopo principale della ricerca di Slater, in parte finanziata da un fondo National Geographic / Waitt, è quello di determinare se il controllo delle grotte fosse una fonte di potere nelle antiche comunità Maya.
Secondo Slater, illuminare queste grotte permette alla sua squadra di vederle come nessun altro essere umano ha mai fatto prima.
Don Slater, Archeologo, Brandeis University
"Chi ci entrava in passato al massimo poteva avere delle torce. Illuminare una grotta con una torcia produce certamente un effetto affascinante, con la luce tremolante, ma la luce è piuttosto fioca ... invece quando entriamo noi e illuminiamo completamente la grotta, ci si rivelano tutti i dettagli e le caratteristiche: la possiamo osservare come nessun altro ha mai fatto prima".

Fonte:
http://www.nationalgeographic.it/popoli-culture/2012/12/20/video/video_l_osservatorio_astronomico_maya_per_vedere_il_sole_allo_zenit-1428558/1/

Le spirali di Newgrange


Newgrange: il più grande e antico orologio solare del mondo. Che significato hanno le incisioni a spirale tracciate sulla roccia?

La più bella tomba a corridoio d'Europa si apre verso sudest, in perfetto allineamento col punto in cui sorge il sole nel solstizio d'inverno. Accanto al fiume Boyne, in Irlanda, nel punto in cui le acque compiono un'ampia curva, un cimitero preistorico accoglie più di 25 tombe a corridoio.
Nota come 'Bend of the Boyne' (Ansa del Boyne), la necropoli dà l'impressione di essere stata costruita sulla collina in modo che le tre sepolture più belle - Newgrange, Knowth e Dowth - possano dominare la fertile vallata sottostante.
La tomba a corridoio di Newgrange è il più interessante sito preistorico irlandese: è infatti decorata da rilievi rocciosi di insigne fattura. Si pone però una domanda: Newgrange era solo un sepolcro o aveva qualche altra funzione? La tomba, saccheggiata e in rovina, fu riscoperta nel 1699, e l'antiquario gallese Edward Lhuyd (1660-1708) fu uno dei primi ad entrarvi.

Egli scrisse: "In un primo momento fummo costretti ad avanzare carponi, ma via via che proseguivamo i pilastri ai due lati diventavano sempre più alti, ed accedendo alla sala sotterranea scoprimmo che era alta una ventina di piedi. Nella sala, a destra e a sinistra, vi erano due celle o camere, e una terza si estendeva in direzione dell'entrata".
Il corridoio attraverso cui Lhuyd passò è lungo più di 18 metri e termina in tre stanzette contenenti tre vasche in pietra massiccia. Le pietre che compongono l'alto tetto a modiglioni sono perfettamente bilanciate e ben salde pur in assenza di malta. In 5000 anni solo due di esse si sono rotte. Una simile perfezione progettuale ed esecutiva dimostra come i costruttori di Newgrange, vissuti verso il 3250 a.C., possedessero una straordinaria perizia.
Il santuario interno della tomba a corridoio è illuminato dai raggi del sole solo nei giorni prossimi al solstizio d'inverno. Ogni mattina, per una ventina di minuti, nei pochi giorni che precedono e seguono il giorno più breve deiranno, un sottile raggio penetra nel vano del tetto sopra l'entrata e tocca la vasca di pietra situata in fondo al corridoio.
All'interno del tumulo c'è una camera a forma di croce, terminante in tre nicchie con grandi vasche di pietra. Il tetto a modiglioni, di brillante concezione costruttiva, si innalza a 6 metri e culmina in un punto che sovrasta le nicchie. Molte pietre interne mostrano la stessa varietà di incisioni simboliche delle esterne.
La tomba a corridoio di Newgrange era originariamente coperta da un enorme tumulo ovale alto 14 metri (oggi ridotti a 9) con un diametro di 76 metri. Estesa su più di mezzo ettaro, la collina artificiale era costituita da circa 200.000 ciottoli tolti dal letto del vicino fiume e rivestiti di lucente quarzo bianco. Lungo il perimetro esterno del tumulo giacciono adagiate sul fianco 97 pietre di confine. Attorno alla tomba sorge un cerchio di pietre erette; 12 dei 35 massi originari sono tuttora visibili.
Lo sguardo del visitatore attento è attratto a Newgrange da una profusione di belle incisioni nella roccia. L'entrata è sorvegliata da una pietra percorsa da spirali e nel corridoio più di una dozzina di massi eretti sono decorati. Anche molti lastroni e modiglioni del tetto presentano sculture, talvolta sul lato superiore, nascosto.
All'interno, nella parte bassa di uno dei montanti, scopriamo l'incisione più bella, una tripla spirale. All'esterno, molte delle pietre di confine sono ornate, qualche volta sulle superfici interne nascoste alla vista. Oltre alle spirali, altri motivi molto comuni ricorrenti a Newgrange sono le losanghe, le linee a zig-zag e i cerchi. Ma stranamente essi non coincidono con i simboli più usati in altre tombe a corridoio irlandesi.
Qual è allora il loro significato?
Le spirali rappresentano forse il viaggio labirintico dell'anima verso il regno dei morti. L'apertura praticata nel vano del tetto sovrastante l'entrata consente il passaggio della luce del sole solo nella mattina dei giorni vicini al solstizio d'inverno.
I primi antiquari non si curarono troppo di queste decorazioni. Thomas Molyneux, un professore di fisica del XVIII secolo che insegnava al Trinity College di Dublino, le definì 'incisioni di tipo barbaro', e molti dopo di lui le credettero semplici ornamenti. Più di recente, sono stati compiuti seri sforzi per scoprire il significato che si cela dietro gli effetti decorativi.
Un ricercatore di spicco nel settore è Martin Brennan, il cui libro La visione della valle del Boyne è un'analisi delle oltre 700 pietre scolpite del luogo. A conclusione del suo studio, l'autore afferma che la maggioranza dei disegni registrano osservazioni astronomiche e cosmologiche e che Newgrange fu, oltre il resto, il più grande e antico orologio solare del mondo. "Per la popolazione della valle del Boyne", scrive Brennan, "lo studio dei movimenti del sole era importantissimo. Essi erano i più esperti lettori di meridiana del Neolitico".
La sete di sapere non era l'unica motivazione degli uomini che costruirono le strutture di Newgrange e Stonehenge, dove pure venivano compiute osservazioni astronomiche. Forse essi miravano anche ad apprendere nuove nozioni sull'universo e a stabilire collegamenti diretti e significativi fra esso e le loro vite. Newgrange non è soltanto un orologio solare o un osservatorio, ma sembra essere un simbolo della stessa forza vitale.
Nella sua forma originaria, il tumulo che copriva la tomba a corridoio era ovale, e in quest'uovo portatore di vita penetrava un lungo corridoio terminante in una camera a caverna, che simboleggiava forse il ventre materno. All'interno sorge un alto pilastro a forma di fallo, ed è possibile che le due palle di gesso ritrovate a Newgrange fossero simboli sessuali maschili.
I raggi del sole nel solstizio d'inverno
Newgrange fu costruita per trarre beneficio dall'elemento dispensatore di vita per eccellenza, il sole. Sopra l'entrata, che in origine era sigillata da una lastra di pietra, si trova una piccola cavità il cui tetto reca incisioni a doppie spirali e losanghe. Il vano era provvisto di porte di pietra che potevano essere aperte e chiuse.
La struttura è orientata in modo che all'alba del solstizio d'inverno il sole, sorgendo, illumini la tomba attraverso questo vano - la porta veniva in quel giorno appositamente aperta. Il raggio di sole penetra lungo il corridoio, fino a raggiungere il centro della camera.
Michael O'Kelly, professore di archeologia presso la Cork University, ha compiuto di recente degli scavi a Newgrange e il 21 dicembre 1969, all'alba, si trovava nella tomba pronto ad assistere a quanto sarebbe successo. "Esattamente alle 9 e 54 dell'ora legale britannica", scrisse, "il margine superiore della sfera solare apparve sull'orizzonte locale, e alle 9 e 58 il primo raggio di sole diretto brillò attraverso il vano del tetto e lungo il corridoio per giungere a sfiorare, toccando il pavimento della camera tombale, il bordo frontale della vasca di pietra dell'ultima stanza.
Man mano che la sottile riga di luce si allargava, fino a diventare una fascia larga 17 cm che spazzava il pavimento della camera, la tomba fu investita da un violento fiotto luminoso e la luce riflessa dal pavimento fece chiaramente risaltare vari particolari delle camere laterali e terminale e del tetto a modiglioni. Alle 10 e 04 la fascia cominciò di nuovo a restringersi e alle 10 e 15 in punto il raggio diretto lasciò la tomba".
Il solstizio d'inverno è il giorno più breve dell'anno, il momento in cui la forza vitale ricomincia a infondere vita alla terra addormentata. Forse, fra tutte le incisioni, è la tripla spirale della camera a rappresentare ciò che i costruttori di Newgrange si sforzavano di raggiungere con quella che impropriamente viene chiamata 'tomba': è possibile che la spirale entrante simboleggiasse il viaggio intrapreso dal defunto e l'uscente ne illustrasse la rinascita.
Può darsi che, a Newgrange, avesse luogo la fecondazione simbolica dell'uovo cosmico capace di assicurare la continuazione del ciclo eterno della morte e della rinascita. Probabilmente i sacerdoti depositavano i resti cremati di alcuni antenati nelle vasche di pietra delle camere, dove essi potevano essere toccati dalla luce del sole a metà inverno, ottenendo così una conferma simbolica della prosecuzione della stirpe.
Newgrange è solo un elemento del complesso di Bend of thè Boyne, anche se artisticamente è il più compiuto. Forse le tombe principali costituiscono nel loro insieme delle registrazioni scientifiche che solo ora, 5000 anni dopo, cominciano a essere decifrate. I reperti dimostrano un'altra volta che l'uomo preistorico non era né semplice né barbaro, bensì in possesso di conoscenze e capacità che superano di gran lunga la nostra immaginazione.

Fonte:
http://ilnavigatorecurioso.myblog.it/archive/2012/05/03/newgrange-il-piu-grande-e-antico-orologio-solare-del-mondo.html

lunedì 8 ottobre 2012

Convegno “700-1100 d.C. Storia, archeologia e arte nei ‘secoli bui’ del Mediterraneo".



Il convegno “700-1100 d.C.: storia, archeologia e arte nei ‘secoli bui’ del Mediterraneo". Dalle fonti scritte, archeologiche ed artistiche alla ricostruzione della vicenda storica: la Sardegna laboratorio di esperienze culturali.”, che si svolgerà a Cagliari presso la Cittadella dei Musei, nell’aula “Roberto Coroneo”, tra il 17 e 19 Ottobre 2012, rappresenta il momento conclusivo dell’omonimo progetto di ricerca promosso dall’Università di Cagliari con la collaborazione dell’Università di Sassari e della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano.
Il progetto, finanziato nell’ambito della Legge Regionale 7 agosto 2007, n. 7: “Promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna”, si proponeva di fare luce sul periodo storico compreso tra il secolo VIII e gli inizi del XII d.C. attraverso l’analisi di fonti archivistiche, archeologiche ed artistiche.
Il periodo storico trattato, a discapito della carenza di informazioni lamentata dagli studiosi, è di grande importanza per la storia dell’Europa e del Mediterraneo: si affacciano nuovi protagonisti che modificano gli equilibri politici ed economici. Nell’XI secolo i documenti attestano per la Sardegna il compimento di un nuovo assetto istituzionale, quello della quadripartizione in giudicati, rispetto al quale la mancanza di sufficienti informazioni storiche ha fatto proliferare varie ipotesi, qualche volta fantasiose.
Nei 44 interventi in programma si affronteranno i problemi storici relativi sia al ruolo della Sardegna nell’impero bizantino, sia al rapporto dell’isola con il Papato, con gli ordini monastici emergenti, l’Europa carolingia e il mondo islamico. Si darà conto inoltre dei recenti studi sui centri urbani e delle sedi del potere giudicale, ma anche dell’assetto del territorio e degli indicatori cronologici e socio-economici della cultura materiale, per giungere infine alla sfera ecclesiastica, nel tentativo di inquadrare storicamente la chiesa sarda e conoscerne infine l’architettura delle chiese, i monasteri e il culto dei santi.

Questo il programma del convegno:

MERCOLEDI 17 OTTOBRE 2012

Ore 10
Saluti delle Autorità
G. MELIS, Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari.
M. ZEDDA, Sindaco di Cagliari.
E. PUGGIONI, Assessore alla Cultura del Comune di Cagliari.
S. MILIA, Assessore alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacoli e Sport della Regione Autonoma della Sardegna.
R. SERRA, Direttore del Servizio Beni Culturali della Regione Autonoma della Sardegna.
G. PAULIS, Preside della Facoltà di Studi Umanistici.
F. ATZENI, Direttore del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio.

M.E. MINOJA, Soprintendente per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano e delle province di Sassari e Nuoro, Ruolo e attività delle Soprintendenze in un progetto di ricerca.

Il progetto
1. R. MARTORELLI, I “secoli bui” della Sardegna: problematiche, metodi e filoni d’indagine da una storiografia consolidata e aspettative dal nuovo progetto.

Ore 15
Il ruolo della Sardegna nell’impero bizantino: aspetti e problemi

1. O. SCHENA, Aspetti e problemi storici della Sardegna nel Mediterraneo bizantino fra VIII e XI secolo.
2. M. ORRÙ, Teofilatto d'Acrida, gli errori dei Latini e la Sardegna.
3. L. GALLINARI, Aspetti e problemi delle fonti arabe relative alla Sardegna.
4. G. SERRELI, Il passaggio all'età giudicale: il caso di Càlari
5. C. TASCA, I documenti giudicali negli archivi italiani e stranieri.
6. M. GARAU, I documenti giudicali conservati in Sardegna.
7. D. MUREDDU, M. G. MESSINA, La ricerca storica: l’apporto del materiale degli archivi moderni alla conoscenza del periodo.
8. M. G. ARRU, S. DORE, La ricerca storica: l’apporto della ricerca bibliografica e dell'analisi del materiale degli archivi moderni alla conoscenza del periodo.

Dibattito


GIOVEDI 18 OTTOBRE 2012

Ore 9
Vita e morte dei centri urbani fra ‘700 e 1100: fine della città tardoantica?

1. E. ZANINI, L'VIII secolo a Gortina di Creta e qualche idea sulla fine della città antica nel Mediterraneo.
2. R. MARTORELLI, D. MUREDDU, Cagliari: persistenze e spostamenti del centro abitato fra VIII e XI secolo.
3. P.G. SPANU, R. ZUCCA, Le città della Sardegna centro-occidentale fra VIII e XI secolo.
4. J. BONETTO, A.R. GHIOTTO, Nora: il "silenzio" archeologico post V-VI secolo in alcuni quartieri. Contributi delle "assenze" alla vita e morte delle città.
5. C. TRONCHETTI, A.M. COLAVITTI, L'area occidentale di Nora. Uso/non uso dello spazio e trasformazioni fra VIII e XI secolo.
6. D. ROVINA, L. BICCONE, La villa di Thatari fra X e XI secolo.
7. L. BICCONE, A. VECCIU, Bosa tardo bizantina e giudicale: nuove riflessioni sulla base dell'evidenza ceramica.
8. R. D’ORIANO, G. PIETRA, Olbia dal collasso della città romana al Giudicato di Gallura: punti fermi e problemi aperti.
9. M. CADINU, Elementi di derivazione islamica nell'architettura e nell'urbanistica della Sardegna medievale.

Dibattito

Ore 15
All’origine delle sedi del potere giudicale

1. B. FADDA, I luoghi di redazione dei documenti giudicali: ville ecastelli.
2. L. MURA, L. SORO, I luoghi giudicali: dai documenti alle testimonianze archeologiche.
3. F. G. R. CAMPUS, L. BICCONE, Il palazzo o il castello di Ardara tra fonti scritte e primi dati archeologici.
4. D. DETTORI, La domo giudicale di Thergu IX-XI secolo. Organizzazione, evoluzione e dati di vita quotidiana.
5. F. PINNA, Le sedi del potere nel giudicato di Gallura: alcune riflessioni.

L’assetto del territorio

6. P. G. SPANU, P. FOIS, Gli insediamenti rurali della Sardegna altomedievale.
7. D. ARTIZZU, Ambiente e agricoltura in Sardegna fra la fine del VII secolo e le prime incursioni arabe.
8. E. GARAU, Da Nora a Neapolis. L'organizzazione del territorio dalla tarda antichità.
9. D. SALVI, A. L. SANNA, Frequentazioni altomedievali nel Barigadu: il templum Iovis di Bidonì.
10. E. TRUDU, Il territorio della Sardegna centro-orientale: la continuità di frequentazione dall’età romana sino all’VIII-IX secolo.
11. F. SANNA, Cultura artistica rupestre di età bizantina nel nord Sardegna: i casi diOschiri e Mores.
12. M. MILANESE, Insediamenti rurali nei secoli centrali del Medioevo nella Sardegna nord-occidentale. Il contributo della ceramica Forum Ware.

Dibattito

Cena sociale

VENERDI 19 OTTOBRE 2012

Ore 9
Indicatori cronologici e socio-economici dalla cultura materiale

1. F. PINNA, Indicatori cronologici e socio-economici per la storia del Sardegna tra VIII e XI secolo: aspetti e problemi.
2. S. MARINI, La ceramica da fuoco in Sardegna tra VIII e XI secolo.
3. E. SANNA, I contenitori da trasporto in Sardegna tra VIII e XI secolo: dati e problemi.
4. D. CORDA, La ceramica dipinta in Sardegna: attestazioni e problemi cronologici.
5. M. MURESU, I reperti metallici in Sardegna tra VIII e XI secolo: problematiche e prospettive di ricerca.
6. I. SANNA, L. SORO, Nel mare della Sardegna centro meridionale tra 700 e 1100 d.C., un contributo dalla ricerca archeologica subacquea.
7. D. ANEDDA, C. NONNE, Tecniche costruttive altomedievali in Sardegna.

Dibattito

Ore 15
La sfera ecclesiastica: Chiesa Romana, Bizantina o Sarda? L’architettura delle chiese, i monasteri, il culto dei santi

1. M. VIDILI, Per una mappa ecclesiastica della Sardegna dal V all’XI secolo.
2. D. SALVI, P. FOIS, San Saturnino: un luogo di culto fra cristiani e musulmani nel IX-X secolo?
3. E. CURRELI, Riflessi iconografici della religiosità: status quaestionis sulla pittura in Sardegna fra VIII e XI secolo
4. N. USAI, La decorazione pittorica della cripta di San Lussorio a Fordongianus.
5. G. MELE, Ancora sul codice visigotico 'veronensis' LXXXIX. Questioni storiografiche su liturgia e canti nella Sardegna alto-medioevale.
6. A. PALA, Il bisso sardo nei paramenti pontificali di Leone IV (847-855).

Dibattito

Ore 17.15
Tavola Rotonda: un bilancio del Convegno

Link dell'evento:

giovedì 4 ottobre 2012

Le Gemme della Sardegna Romana


Interessante mostra ad Alghero sulle gemme intagliata di età romana, presso la Sala Conferenze della Fondazione META, in Piazza Porta Terra 1.

Il Protonuraghe Friarosu


Interessante convegno al salone parrocchiale di Mogorella il 6 Ottobre. Il tema centrale sarà ovviamente il protonuraghe più famoso del comune Oristanese. Il programma prevede visita guidata e convegno. Di grande interesse anche le relazioni sui Talajots Balearici e sulle Tholoi Nuragiche.

mercoledì 12 settembre 2012

Scavi al villaggio abbandonato di Bisarcio

Sant'Antioco di Bisarcio
L'Università di Sassari (cattedre di Metodologia della Ricerca Archeologica e di Archeologia Medievale), il Comune di Ozieri e la Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro organizzano -in regime di concessione ministeriale di scavo- la prima campagna di scavo nel villaggio abbandonato di Bisarcio, che si prevede di realizzare dal 10 Settembre al 10 Ottobre 2012.
Le prime notizie sul villaggio riguardano la diocesi e sono due documenti che fanno parte del controverso condaghe di Bisarcio: trattano la vendita di terreni intorno alla seconda metà dell’XI secolo. La prima attestazione sicura è del 18 marzo 1082, nel documento di donazione della chiesa di S. Michele di Plaiano a S. Maria di Pisa, dove figura il vescovo di Bisarcio Costantino. In una fonte della metà del Trecento il villaggio di Bisarcio conta circa 200 fuochi, mentre nel XVI secolo la popolazione era calata a circa 50 fuochi; nei decenni successivi la popolazione registrata diminuisce a 20 fuochi, e verso la fine del XVII secolo a soli 6.
Alla fine del Cinquecento, Giovanni Francesco Fara descrive il villaggio come quasi distrutto, con poche capanne «senz’aver conservato niente della grandezza degli antichi edifici» mentre nella Relazione sugli stati di Oliva scritta nel 1769 da Vincenzo Mameli De Ormedilla il villaggio risulta distrutto non da troppo tempo, con alcune case quasi intatte.
Francesco Amadu, nella sua opera sulla diocesi di Bisarcio, ha stilato l’elenco dei vescovi fino alla soppressione della stessa nel 1503. Il villaggio sorgeva attorno alla basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, una cattedrale ancora in buone condizioni collocata su uno sperone roccioso, e il complesso comprendeva un episcopio (di fronte alla chiesa), un vicariato (al lato sinistro della chiesa) ed altri edifici oggi non più visibili. I numerosi resti del villaggio sono situati a Nord della chiesa, e probabilmente appartengono all’ultima fase abitativa.
Le tracce più visibili del villaggio sono situate a Nord della chiesa, ma non si esclude che il villaggio potesse in passato estendersi anche ad Est della chiesa, dove oggi si trovano numerosi edifici moderni. A Nord della cattedrale sono presenti ruderi di differenti dimensioni, di cui sono visibili i muri perimetrali. Gli edifici sono di difficile definizione a causa della vicinanza delle costruzioni, poiché spesso utilizzano pareti in comune. Tra i vari edifici quelli di maggiormente conservati sono quelli di una chiesa, di cui si distingue chiaramente l’abside, e i resti di una grossa struttura presumibilmente pubblica, poiché di dimensioni molto superiori alle altre e provvista di più piani.
Le aree di scavo interesseranno parti differenti dell’insediamento, in modo da verificare l’effettiva estensione del villaggio; lo scavo di strutture significative potrebbe invece riportare notizie utili sugli aspetti cronologici e funzionali del sito, sui traffici commerciali e sulle cause e modalità di abbandono.

Di Marco Milanese e Giovanni Frau.

Evento su facebook:

domenica 29 aprile 2012

Ricerche in Cittadella





Università degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio 

RICERCA IN CITTADELLA

Giornate di studio di Archeologia e Storia dell’Arte 

Cagliari, Cittadella dei Musei -Villa Pollini (7-12 maggio 2012)

Programma
Lunedì 7 maggio 

ore 15:00, Cittadella dei Musei, Aula Verde 
Inaugurazione e saluto delle autorità 
Giovanni Melis, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari 
Giulio Paulis, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia 
Francesco Atzeni, Direttore del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio 
Massimo Zedda, Sindaco di Cagliari 
Sergio Milia, Assessore alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna 
Francesco Siciliano, Assessore alla Cultura e Spettacolo della Provincia di Cagliari 
Enrica Puggioni, Assessore alla Cultura, Spettacolo, Sport e Istruzione del Comune di Cagliari 
Dedica dell’Aula Verde al Prof. Roberto Coroneo 
Presentazione degli Atti Ricerca e Confronti 2010 

Martedì 8 maggio 

ore 9:00 Cittadella dei Musei, Aula Verde 
Ricerche di Preistoria e Protostoria in Sardegna e nel Mediterraneo. Coordinano: Giuseppa Tanda, Riccardo Cicillloni, Carlo Lugliè 

09:00 Carlo Luglié, Ancora a Su Carroppu: il riparo merita una rinnovata attenzione? 
09:20 Carlo Luglié, Laura Fanti, Estreme funzioni? Sepolture e ceramiche neolitiche a Su Forru de is Sinzureddus-Pau ((OR) 
09:40 Riccardo Cicilloni, Ricerche presso o il dolmen MI10 nel sito di Enchir Mided-governatorato di Siliana, Tunisia 
10:00 Marco Serra, Cave megalitiche della Sardegna 
10:20 L. Lai, R. Tykot, O. Fonzo, J.F. Beckett, E. Usai, E. Goddard, D. Hollander, Dati isotopici relativi alla dieta di alcuni gruppi umani di tradizione Post-Ozieri nella Sardegna centro-meridiona le 
10:40 Coffee Break 
11:00 G. Tanda, V. Basciu, G. Paglietti, MM. Ucchesu, Santadi: modi di vita e paleo economia nella grotta di Monte Meana 
11:20 G. Tanda, G. Paglietti, M. Casu, AA. Musinu, C. Cannas, A. Ardu, C. Rossi, Archeometria della ceramica: un caso o di studio 
11:40 Giacomo Paglietti, Materiali di età nuragica dalle capanne 69, 79 del villaggio di Su Nuraxi di Barumini 
12:00 Francesco Casu, Su Nuraxi di Barumini: materiali ceramici dalla capanna 144 
12:20 Valentina Basciu, Considerazioni sul significato di miniaturismo nel deposito votivo di grotta Pirosu-Santadi (CI) 
12:40 Discussione 

ore 15:00 0 
Ricerche di Archeologia Fenicio-Punica, Coordina: Carla Del Vais 

15:10 S. Sebis, V. Chergia M. Meloni, Le fasi punico-romane dell’insediamento di Nuracraba (loc. Madonna del Rimedio-Oriistano)
15:30 Carla Del Vais, Anna Chiara Fariselli, La necropoli settentrionale di Tharros (campagne 2010-2011) 
15:50 Donatella Salvi, Ignazio Sanna, Cagliari punica: una città sulla laguna. Da Santa Giusta a Santa Gilla. Un nuovo a approccio metodologico alle indagini subacquee in laguna 
16:10 Giovanna Pietra, Giuseppe Pisanu, Nel grembo della Dea: notizie degli scavi 2011-2012 nella necropoli di San Simplicio a Olbia 
16:30 Rubens D’Oriano, Olbia greca: il contesto del pozzo presso San Simplicio 
16:50 Coffee Break 
17:10 Massimo Casagrande, S. Vittoria di Serri: uno scavo d’archivio 
17:30 A. Depalmas, E. Garau, M. Rendeli, News dal capo di sopra 
17:50 Ignazio Sanna, Ricerche subacquee nella marina di Nora (2000-2012) 
18:10 Carla Del Vais, Emerenziana Usai, Nuove ricerche nella necropoli di Othoca (loc. S. Severa, campagne 2006-2007 7 e 2010-2011) 
18:30 Discussione 


Mercoledì 9 maggio 
ore 10:30 Villa Pollinii, via Jenner n. 3 

Seminario Ricerca, tutela, sistemi informativi. Strumenti di dialogo per un’archeologia del territorio. Coordina: Marco Giuman 

Laura Moro, Antonella Negri, Nuovi strumenti di catalogazione per la conoscenza del territorio 
Giovanni Azzena, La sperimentazione ddegli standard del SITAN (Sistema Informativo Territoriale Archeologico Nazion nale) in Sardegna 
Marco Minoja, Il Sistema Informativo Territoriale e dei Beni Archeologici della Sardegna alla luce dei progetti nazionali 
Barbara Costa, Francesca Ghirra, Il “Mosaico dei Beni Paesaggistici ed identitari” della Regione Sardegna: uno strumento per la tutela attiva e la valorizzazione del patrimonio storico culturale e del paesaggio 

Ore 15:30 Cittadella dei Musei, Aula Verde 
Seminario Arcana. Immagine, rito e magia nel mondo dell'antichità classica, Coordina: Simonetta Angiolillo 

15:30 Federica Doria, Videre in futurum: magia ee astragalomanzia nel mondo greco
15:50 Paolo Vitellozzi, SQENEXE SOUQIS. Considerazioni su un gruppo di gemme magiche di età imperiale 
16:10 Marco Giuman, Repercussa imaginis. Qualche considerazione su malia e malocchio nel mondo antico 
16:30 Richard Veymiers, Sarapis et Neôtera élus pparmi les dieux sur une plaque en bronze provenant du Cabinet de Francesco Bianchini 
16:50 Coffee Break 
17:10 Chiara Pilo, Una lucerna configurata da Gabii: valenze apotropaiche di un singolare strumento per l’illuminazione 
17:30 Elisabetta Pala, Tra magico e sacro: gli eidola nella Grecia arcaica e classica 
17:50 Marco Minoja, La funzione dei luoghi nel tempo; il caso dei riti al tempio di Bess a Bithia 
18:10 Discussione 


Giovedì 10 maggio 
ore 9:00 Cittadella dei Musei, Auula Verde 

Ricerche di Archeologia Postclassica, Coordinano: Rossana Martorelli, Fabio Pinna e Giovanni Serreli 

09:00 Rossana Martorelli, Fabio Pinna, Le ricerche di Archeologia cristiana e medivale. Introduzione 
09:30 M. Cadinu, R. Martorelli, D. Mureddu, F. Pinna, Indagini di archeologia urbana nell’area della chiesa di S. Lucia della Marina
10:00 Irene Ollargiu, Tecnologie applicate all'archeologia. Ipotesi di ricostruzione in 3D del quartiere della Marina 
10:20 Ignazio Sanna, Laura Soro, Il porto di Cagliari: nuovi contesti di età tardoantica e medievale 
10:50 Fabio Pinna, Presentazione dei posters 
11:00 Coffee Break 
11:20 Marta Macrì, L'isola dalle vene d'argento. Lo sfruttamento minerario nel Sulcis-Iglesiente in epoca medievale; indicatori di archeologia della produzione metallurgica nel territorio di Carbonia 
11:40 Maily Serra, L’insediamento rurale nel territorio di Gesico in età medievale e postmedievale: alcune riflessioni 
12:00 Francesca Romana Stasolla, Le indagini archeologiche al castello di Monreale (Sardara, VS). Un progetto di collaborazi ione tra le Università di Roma La Sapienza e di Cagliari 
12:20 Marco Muresu, Architettura sacra mediobizantina dal Monte Athos (Grecia), il caso di Ravdouchos 
12:40 Discussione 

ore 15:00 
Ricerche di Storia dell’Arte Medievale, Coordina: Mark Johnson 

15:00 Mark Johnson, Presentazione del volume: Roberto Coroneo, Arte in Sardegna dal IV alla metà dell’XI secolo, Cagliari, AV edizioni 2011 
15:20 Mark Johnson, Nuove osservazioni sulle chiese bizantine in Sardegna 
15:45 Nicoletta Usai, Architettura altomedievale in n Sardegna. Stato degli studi e prospettive di ricerca 
16:00 Alessandro Ruggieri, Scultura mediobizantina in Sardegna, caratteristiche e limiti tecnici 
16:15 Elisabetta Curreli, L’apparato scultoreo del portale romanico di San Gavino di Porto Torres. Aspetti iconografici e ipotesi interpretative 
16:30 Alberto Virdis, Il ciclo pittorico di San Nicola di Trullas-Semestene (SS) 
16:45 Coffee Break 
17:00 Daniela Moi, Primo studio sui rilievi di alcuni pseudosarcofagi di età pregiustinianea individuati ad Istanbul 
17:15 Fabrizio Sanna, Apporti bizantini alla cultura a artistica visigotica 
17:30 Damiano Anedda, L’impiego dei plutei nelle chiese altomedievali iberiche. Analisi delle fonti e della liturgia ispanica 
17:45 Maria Giovanna Serra, Le corone votive nell’alto Medioevo 
17:55 Andrea Pala, Metodologia e prassi nello studio della scultura lignea medievale (XII-XV secolo) 
18:10 Giacomo Bratzu, L’acquisizione delle pitture e murali dell’XI-XII secolo nel MNAC di Barcellona 
18:200 Discussione


Venerdì 11 maggio 
ore 9:00 Cittadella dei Musei, Aula Verde 

Ricerche di Storia dell’Arte Moderna, Coordinano: Alessandra Pasolini e Maria Grazia Scano Naitza 

09:00 Marisa Porcu Gaias, Un Sacro Graal in Sardegna? 
09:20 Patricia Olivo, Maria Francesca Porcella, Il retablo di San Martino a Oristano: considerazioni storiche e iconografiche alla luce del recente restauro 
09:40 Giorgio Cavallo, Le due chiese di Sant’Agostino a Cagliari 
10:00 Maria a Grazia Scano Naitza, Il Crocifisso di Nicodemo e il retablo del Santo Cristo a Oristano 
10:20 Coffee e break 
10:40 Giorgia Atzeni, L’idea del mondo nelle edizioni illustrate quattrocinquecentesche alla Biblioteca Universitaria di Cagliari 
11:00 Barbara Cadeddu, Il teatro classico e rinascimentale nelle cinquecentine sarde illustrate 
11:20 Marcello Schirru, Le volte con scuffie nel primo Seicento sardo 
11:40 Ida Farci, Lucia Siddi, Un inedito di Alessandro Casola: il retablo del Buoncammino a Quartu 
12:00 Alessandra Pasolini, Gli arredi della parrocchiale di Santa Barbara a Villacidro 
12:20 Mauro Salis, Scultura lignea campana del ‘700 nella Sardegna meridionale 
12:40 Discussione 

ore 15:00 
Ricerche di SStoria dell’Arte Contemporanea, Introduce e coordina: Maria Luisa Frongia 

15:30 Simona Campus, Giovani “surrealisti” romani. Leonardo Sinisgalli, Scipione e la Scuola Romana 
15:50 Efisio Carbone, Un museo virtuale per la collezione d’arte della Regione Sardegna 
16:10 Giulia Aromando, Les photographes oubliés. Iconografia di viaggio in Sardegna tra a Ottocento e Novecento: Evaristo Mauri e Luigii Pellerano 
16:30 Rita Pamela Ladogana, Mario Dondero: la fotografia come avventura umana. Mezzo secolo di testimonianze storiche 
16:50 Discussione 
17:00 Coffee e Break 
17:20 Pietro Frassica, Princeton University, Parini e l’architettura del Settecento a Milano 
18:00 Pietro o Frassica, Giovanna Caltagirone, Simona Campus, Presentazione del volume: Shades of the Futurism. Futurismo in ombra. Atti del Convegno Internazional le (Princeton, 9-10 ottobre 2009), a cura di P. Frassica. Interlinea, Novara 2011 
18:40 Discussione


Sabato 12 maggio 
ore 9:00 Cittadella dei Musei, Aula Verde 

Ricerche di Epigrafia Latina, Coordina: Andrea Corsale 

09:00 Giovanni Sistu, Il progetto SOUTH-EAST ARCHERITAGE -Roman Empire Common Heritage in Southern and Eastern ENPI Countries 
09:20 Donatella Cocco, Antonio M. Corda, Il progetto SOUTH-EAST ARCHERITAGE -Roman Empire Common Heritage in Southern and Eastern ENPI Countries: dall’archeologia della produzione alla valorizzazione dei territori 
09:40 Discussione 

Ricerche di Archeologia Classica, Coordina: Maarco Giuman 

10:00 Emiliano Cruccas, Simbologia e ritualità: l’immagine del gallo nei santuari dei Cabiri e dei Grandi Dei 
10:15 Romina Carboni, Religione e processi di acculturazione: il caso di Ecate e Zeus nella Caria ellenistico-romana 
10:30 Alfonso Stiglitz, Urbanistica di una necropoli: il caso di Tuvixeddu-Tuvumannu ((Cagliari) 
10:45 Francesco Arca, Sa Presonedda: ipotesi di ricostruzione di un mausoleo punico-romano nella città di Sulci 
11:00 Coffee Break 
11:15 Roberta Lobina, Il duello tra Achille ed Ettore nella a ceramica corinzia ed attica: elementi e distintivi di un eroe sconfitto 
11:30 Ciro Parodo, I Mamuralia e la sintassi del rituale dello scapegoat nell’antichità à classica 
11:45 Enrico Trudu, Vici, pagi, agglomérations secondaires. Insediamenti ed abitati di epoca romana nella Sardegna centro-orientale 
12:00 Discussione 


(Si ringrazia sentitamente il Dott. Alfonso Stiglitz per la segnalazione del convegno e il programma allegato.)

giovedì 12 aprile 2012

Convegno: "Dedaleia: Le torri nuragiche oltre l'età del bronzo"."

Comune di Villanovaforru
Università degli Studi di Cagliari Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio

DAEDALEIA. Le torri nuragiche oltre l’età del bronzo.

CONVEGNO DI STUDI, Cagliari, Cittadella dei Musei, aula verde 19-21 aprile 2012

Comitato scientifico del Convegno: Simonetta Angiolillo, Rossana Martorelli, Marco Giuman, Fabio Pinna
Coordinamento tecnico-scientifico: Enrico Trudu, Mauro Perra
Convegno realizzato nell’ambito del progetto di ricerca fondamentale o di base Funzione e uso dei nuraghi in età classica e postclassica (Legge Regionale 7 agosto 2007, n. 7 «Promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna» )

PROGRAMMA
Giovedì 19 aprile, ore 15
Apertura dei lavori, saluto autorità
Introduzione a cura di Attilio Mastino Marco Edoardo Minoja,
presentazione del volume a cura di Paolo Bernardini e Mauro Perra, I Fenici e gli Altri. Sardegna e Mediterraneo tra Bronzo Finale e Prima Età del Ferro. Atti del I Congresso Internazionale in occasione del venticinquennale del Museo Genna Maria” di Villanovaforru (14-15 dicembre 2007), Edizioni Delfino, Sassari 2011.
- Enrico Atzeni, Il complesso nuragico Genna Maria di Villanovaforru. Bilancio e prospettive
- Marco Edoardo Minoja, Fabio Nieddu, Carlotta Bassoli, “Sulfrangente del mare (Hom, Od, XV, 499), Bithia e l’insediamento fenicio nel quadro delle preesistenze locali; prime considerazioni.
- Elisabetta Garau , Un "ritorno" sul territorio: l area norense
- Alessandro Usai, Anna Luisa Sanna, MomenH di occupazione e ristrutturazione del nuraghe Orgono di Ghilarza (OR)
- Paolo Bernardini, Le torri di Monte Prama: i nuraghi nel paesaggio culturale dell’età del Ferro
- Mauro Perra, Tempi che cambiano: le trasformazioni nei nuraghi fra l’età del bronzo ed il primo ferro

Venerdì 20 aprile, ore 9
- Carla Perra, L'età del Ferro del Nuraghe Sirai di Carbonia
- Giuseppa Tanda, Carla Del Vais, Riccardo Cicilloni, Valentina Chergia, Le indagini nell’area protostorica estorica di SuAngiu, Mandas (Ca)
Giuseppa Tanda, Marco Serra, Una fibula villanoviana dal complesso di Sa Costa Burgos (SS)
- Alfonso Stiglitz, Nuragici, fenici, sardi: uno sguardo da S Urachi
- Anna Depalmas, Carla Del Vais, Il nuraghe Lugherras di Paulilatino: la campagna di scavo 2006 2007
- Salvatore Sebis, Carla DelVais, Testimonianze di età punica e altomedievale nel nuraghe S. Cristina di Paulilatino, campagne di scavo 1977 e 2000 2001 (OR)
- Giacomo Paglietti, Su Nuraxi di Barumini in età punica: materiali dai van i 69, 79, 83 e 94

Venerdì 20 aprile, ore 15
- Enrico Atzeni, Riccardo Cicilloni, Giuseppina Ragucci, Emerenziana Usai, Fasi finali e riuttilizzo di età storica nel nuraghe Cuccurada di Mogoro (OR)
- Antonietta Boninu, Franco Campus, Rossella Colombi, Pina Maria Derudas, Valentina Leonelli, Rubens D’Oriano, Antonella Pandolfi, Luisanna Usai, Tra continuità e discontinuità: società, economia e culto nei siti nuragici della Sardegna nord occidentale fra la fine dell’età del bronzo ed età storica
- Fulvia Lo Schiavo, Mario Sanges, Il nuraghe Arrubiu di Orroli (NU) oltre l’età del bronzo: continuità e discontinuità
- Raimondo Zucca, Sardi Ilienses (Liv. XLI, 12, 4)
- Enrico Trudu, Il riutilizzo dei nuraghi tra Marmilla e Sarcidano in epoca romana
- Giorgio Murru, Testimonianze di epoca postclassica negli insediamenti nuragici fra Sarcidano e Marmilla
- Maily Serra, Attestazioni di età medievale e postmedievale in alcuni siti nuragici di Trexenta e Gerrei
Sabato 21aprile, ore 9
- Rossana Martorelli, Fabio Pinna, Il reimpiego dei siti nuragici in età postclassica: problemi storiografici e aspetti metodologici
- Marco Muresu, Dalla statistici sulla pubblicazione dei reperti postclassici nella edizione delle indagini archeologiche sulla civiltà nuragica
- Fabrizio Delussu, Il riutilizzo dei nuraghi in età romana nel territorio di Dorgali
- Angela Antona, Fabio Pinna, Sara Puggioni, Vittorio Angius, Il riuso di siti nuragici nel territorio della Gallura
- Donatella Cocco, Maria Lucia Atzeni, Fabio Nieddu, Il nuraghe S. Marco di Genuri (VS): il riuso tra bronzo finale e primo ferro
- Donatella Cocco, Maria Lucia Atzeni, Giulia Balzano, Gianfranco Canino, Il nuraghe S. Marco di Genuri (VS): riutilizzo e frequentazione di un edificio nuragico dalla fase punica allìetà postclassica - Paola Basoli, MarcoAgostino Amucano, L insediamento nuragico di Sa Mandra e Sa Jua (Ozieri SS). Dati di scavo e contestualizzazione territoriale
- Mario Torelli, conclusioni

giovedì 15 marzo 2012

Ancora due o tre cosette...

Venerdì 03 Febbraio 2012 11:06

di Giovanni Ugas

Offrendo il mio contributo sulla problematica della resistenza dei Sardi ai Romani, negata da un articolo apparso di recente su un quotidiano, non intendevo aprire un dibattito sulle mie considerazioni,

ma ho apprezzato il fatto che l’argomento abbia suscitato interesse e non mi sono sottratto al dibattito appresso sopraggiunto. Da parte mia ho ritenuto opportuno rispondere ai commenti sulla mia nota ma non è possibile intervenire all’infinito sui commenti dei commenti, specie se non sono prettamente in tema, come quelli sulla scrittura nuragica e su altri argomenti (ad esempio la funzione dei nuraghi), ma sono disponibile, se si vuole, per uno specifico dibattito sulla scrittura e su altre tematiche di archeologia pre-protostorica. Quanto al tema della costante resistenziale ritengo più corretto che la discussione parta da una relazione specifica e che veda l’apporto di qualche esperto di sociologia, etnologia e linguistica oltre che l’archeologia. Riguardo alla discussione in corso, al momento, credo opportuno intervenire solo per alcune precisazioni, poiché mi è stato esplicitamente chiesto.

- Riguardo al bel quesito di Roberto Bolognesi come fosse possibile conciliare le ripetute gravi sconfitte e il gran numero di prigionieri strappati all’isola con la capacità dei Sardi di continuare a resistere contro i Romani, occorre dire che necessariamente le stragi, le catture e i conseguenti trasferimenti di tanti Sardi che portarono al detto Sardi Venales, dovettero provocare un rilevante depauperamento della popolazione delle piane e delle fasce collinari, ma non un completo genocidio. Alla cifra di centomila uomini uccisi o prigionieri, deducibile soprattutto dai dati di Tito Livio, indipendentemente dal fatto che fosse esagerata o no, si contrappone una popolazione ancora consistente, pur di non semplice valutazione.

Nell’Età punica la popolazione autoctona dovette scendere ben sotto il picco di 450-700 mila abitanti raggiunto nell’età del Bronzo recente e finale (1300-900 a.C.), desumibile dal computo di 7.000 nuraghi e circa 2500-3000 villaggi (Ugas, Africa Romana, XII, p.541; in Per una riscoperta della storia locale. La comunità di Decimomannu nella storia, p.160). La stima della popolazione sarda al tempo dell’occupazione cartaginese è di 250-400 mila abitanti. Inoltre va tenuto presente che già a seguito dell’occupazione di Cartagine una parte della popolazione iliese andò a rifugiarsi sulle aree montane, ma d’altra parte si può supporre che al tempo dei conflitto con Roma, Cartagine abbia avuto bisogno dei Sardi ed è verosimile non soltanto che abbia riconosciuto l’indipendenza delle zone interne, ma anche che abbia concesso una notevole autonomia alle altre regioni suddite dell’Isola e migliori condizioni fiscali, favorendo il rientro di una parte notevole dei profughi nelle vecchie residenze. In ogni caso, nel III secolo si riscontra il ritorno della popolazione sarda (con i suoi propri culti), in diversi abitati nuragici delle piane prima abbandonati ed è ovvio pensare che tale rientro sia coinciso soprattutto col periodo in cui l’isola ebbe un pur breve momento di indipendenza, intorno al 217-215 a.C., quando furono coniate le monete sarde con l’effige del toro.

Nell’apogeo dell’Età romana imperiale la popolazione sarda era di nuovo fortemente risalita e doveva aggirarsi intorno ai 400-650 mila abitanti stando ai dati archeologici rilevati nei territori corrispondenti alle quattro curatorie di Gippi, Nuraminis, Decimo e Dolia del Giudicato di Cagliari (Ugas, in La comunità cit. p.161), poiché allora gli abitati erano molto numerosi, quasi pari a quelli d’età nuragica, dunque una stima ben superiore a quella precedente di 150 mila prospettata da P. Meloni (Storia Romana). Per quanto riguarda il periodo degli inizi dell’Età romana repubblicana, quando iniziò la nuova fuga degli Iliesi sulle montagne, la popolazione dell’isola era all’incirca come quella di età punica e dunque doveva aggirarsi intorno ai 250-400 mila abitanti, una cifra sufficiente, nonostante le stragi, per creare azioni di guerriglia contro il contingente militare romano di stanza nell’isola che, in permanenza, doveva essere modesto. Ovviamente Roma con la vastità del suo impero, non poteva lasciare di stanza permanente in Sardegna il grosso delle sue forze. Certo è che in Età romana repubblicana, i popoli isolani di origine tribale autoctona erano ancora in numero consistente.

Ovviamente occorre tener conto dei coloni e di altri gruppi di immigrati trasferiti, all’opposto, nell’isola. Come si sa, i Romani intensificarono l’opera di controllo dei territori sardi occupati trasferendo coloni da altre regioni, come i Patulcenses Campani. Inoltre furono trasferiti grossi contingenti di militari stranieri, come al tempo dell’imperatore Tiberio (19 d. C.) quando furono inviati nell’isola ben 4000 giovani giudei per reprimere “il brigantaggio”, vale a dire per combattere la resistenza se furono impiegati tanti uomini armati. Per converso, i Sardi collaborazionisti a loro volta formavano intere coorti delle legioni romane e ciò è un indizio che essi erano ancora numerosi, benché in situazioni di disagio economico, a causa dei continui prelievi fiscali (decime e altro). In effetti, le notizie letterarie rivelano che nelle piane vi erano Sardi collaborazionisti ma anche acerrimi oppositori di Roma, tanto che Cicerone definiva i Sardi indiscriminatamente pellites o mastrucati con evidente riferimento a tutti e per estensione anche agli abitanti filopunici di origine fenicia, come quelli di Sulci e Nora, che pellites non erano. Non erano ancora integrati del tutto i Gallilenses, stanziati ai margini della Barbagia di Seulo, in conflitto per i confini con i citati Patulcenses come attesta la tabula di Esterzili relativa a un accordo del 69 d. C. ( M. Bonello Lai 1993; R. J. Rowland, Jr 2001). La loro tribù verosimilmente aveva il capoluogo in agro di Esterziili nelle vicinanze dalla monumentale Domu de Orgia di Cuccureddì (Cuccuru Eddìli), il cui nome può ben discendere da Cuccuru (G)ellili, sul colle di Santa Vittoria, a 1200 metri di altitudine, dove gli scavi di Alessandra Saba e della Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro stanno mettendo allo scoperto un antico villaggio fortificato di straordinaria rilevanza storica. Gellili di Esterzili ha dunque ha tutta l’apparenza di essere l’antico nome dell’abitato da cui prese origine la tribù nuragica dei Gallilesi e la curatoria medioevale di Gallila. Allora nel I secolo d. C, i rapporti dei Gallilenses con Roma erano già stabilizzati se si fa affidamento sulla città per dirimere la contesa con i Patulcenses.

Di sicuro la libertà doveva pesare notevolmente ai Sardi delle piane e delle colline trasferitisi nei suoli aspri delle montagne barbaricine che non potevano contenere tanta popolazione, richiedendo in primo luogo la loro trasformazione da agricoltori in pastori, cacciatori e razziatori. Occorrerebbero ulteriori e intense azioni di rilevamento e di analisi dei villaggi interni nelle Barbagie per quantificare la popolazione complessiva ivi residente al tempo delle occupazioni di Cartagine e Roma nell’isola , ma è presumibile che a causa della situazione geomorfologica e delle condizioni naturali non sempre favorevoli, il numero degli Iliesi delle piane che scelse la via della libertà non poteva essere molto rilevante in assoluto e pur tuttavia la gente barbaricina era ben organizzata se fu capace di resistere ai cartaginesi prima e ai Romani poi. Quando G. Lilliu parla di una sorta di Riserva indiana, pensa proprio alle condizioni di difficoltà in un territorio aspro, più agevole da difendere, ma anche difficile da tenere a lungo e per un numero consistente di persone. Affinché la resistenza degli Iliesi dell’interno potesse avere successo per lungo tempo in tali difficili condizioni doveva avere l’appoggio non solo morale, ma anche sostanziale dei loro consanguinei Iliesi delle piane, soprattutto quando compivano le razzie, le “bardane “ è da credere nei campi e nelle stalle dei coloni immigrati. Iliesi (e Balari) dell’interno e delle piane avevano la stessa origine e gli uni egli altri sopportavano a malincuore una situazione che Cartagine prima e Roma poi controllavano l’isola grazie alle loro imponenti forze militari più che alle colonie agricole di nuovi immigrati.

Come ho già detto, la persistenza dei culti nuragici documentata in Marmilla segnala una notevole presenza nei centri rurali, sino al II secolo d. C., di Sardi indigeni che resistevano se non altro culturalmente alle proposte romane, nonostante la stessa Roma cercasse di ingraziarseli con il riconoscimento del Sardus pater come divinità locale, avvicinato iconograficamente al Mars romano. La stessa diffusione della lingua latina che, è un fenomeno culturale, non va necessariamente di pari passo con l’asservimento ideologico de Sardi alla politica imperiale di Roma. Se, i centri costieri come Bithia continuavano a usare la lingua punica sino al secondo secolo d. C. eppure erano stati occupati dai romani prima degli altri, gli abitati rurali sardi non necessariamente dovevano essere più solleciti nell’uso della scrittura e della lingua latina. In Sardegna hanno regnato bizantini, pisani, catalani eppure la lingua di queste genti ha avuto un penetrazione relativamente ben più limitata. Il fatto è che le iscrizioni pubbliche romane erano strumenti di dominio e di persuasione politica, accompagnando opere di notevole utilità come le strade e i ponti, e pertanto grazie anche ai coloni e agli esiliati, talora colti, la scrittura e la lingua dei Romani penetrarono profondamente e in modo ben più sistematico di quelle di altri conquistatori giunti nell’isola dopo di loro. Ciò non significa, tuttavia, che tutti i Sardi fossero asserviti e non avessero mantenuto ancora per lungo tempo, come bilingui, la lingua indigena (iliese, balare o corsa che fosse). La stessa questione dell’abitato interno di Sorabile lungo il percorso stradale interno romano da Caralis a Olbia, va considerata con molta prudenza. M. Pittau (1997) propone la derivazione del nome di Sorabile da Serapis, presupponendo un tempio dedicato a questa divinità di origine egizia, ma il fatto che il termine Sorabile sia attestato in questa forma già nell’Itinerarium Antonini, all’inizio del III sec. d. C. rende improbabile una così rapida sua trasformazione e dunque la derivazione di Sorabile da Serapide. Sorabile può essere pertanto il nome indigeno di un insediamento preromano, inserito lungo il percorso dell’importante arteria romana in un periodo di convivenza pacifica tra i Romani e la popolazione iliese arroccata sulle montagne, ma disposta anche a trattare su questioni di grande rilevanza sociale. Una strada, e il ponte sul Gusana costruiti dai Romani, potevano condurre con più rapidità l’esercito nemico sulle montagne dei ribelli iliesi, ma anche in fin dei conti, potevano essere utili e vantaggiosi per le relazioni commerciali di questi ultimi con i centri agricoli rurali e eventualmente per le loro razzie.

-Rispondendo alle osservazioni di “Illiricheddu” (mi spiace di non conoscere diverse persone che hanno portato i loro commenti) debbo rilevare che è ben noto dalla letteratura antica, e non è una mia suggestione, che ancora in età punica e romana esistevano diversi popoli oltre che molte tribù interne. Indubbiamente i Balari, i Corsi e gli Iliesi avevano tutti una loro ben specifica identità e dunque all’origine anche una lingua diversa ed è altrettanto noto che gli Iliesi erano considerati esplicitamente “barbari” dagli scrittori greci e romani, cioè non parlanti né greco, né latino e non di meno lo erano i Balari e i Corsi. Quando sia avvenuta la latinizzazione e in quali modi, al di là di qualche iscrizione latina, non è dato sapere. Come ho detto sopra, ancora nel secondo secolo d.C. nelle città costiere si usava la scrittura (e con essa la lingua) fenicia e pertanto è verosimile che anche i Sardi indigeni abbiano continuato per un certo tempo a parlare il “balare”, il corso e l’iliese e che per un periodo di tempo siano stati bilingui. Purtroppo non conosciamo iscrizioni registrate in una scrittura sarda in età punica e romana e d’altra parte la lingua sarda non appare usata nei documenti pubblici ufficiali registrati in caratteri latini; ciò impedisce di sapere quanto a lungo è persistita la lingua sarda nelle aree soggette ai romani. Per quanto riguarda il momento dell’acquisizione del latino da parte degli Iliesi delle regioni montane (e il momento in cui essi hanno cessato di parlare la loro lingua originaria, che non necessariamente coincide col primo), i linguisti esprimono idee diverse e di certo possono rispondere meglio di me Massimo Pittau, Giulio Paulis, Maurizio Virdis ed Eduardo Blasco Ferrer oltre che gli archeologi, gli storici e gli epigrafisti come Giovanna Sotgiu, Raimondo Zucca, Attilio Mastino, Marcella Bonello, Antonio Corda etc..

Che poi i Balari abbiano a che fare con una popolazione iberica è indicato da varie fonti storiche, linguistiche (tra l’altro Minorca era chiamata Nura) e dai dati dell’archeologia preistorica (diffusione della cultura del vaso campaniforme e degli individui brachicefali, presenza di edifici simili a quelli della prima fase protonuragica). Che certi elementi toponomastici e anche lessicali sardi siano imparentati con la lingua basca è sostenuto da tanti illustri linguisti, al di là del fatto che E. Blasco Ferrer enfatizzi tale fenomeno. Anche se i relitti linguistici di origine basca fossero pochi, non possono essere in ogni caso negati del tutto e occorrerà capire se vanno distinti dai toponimi sardi prelatini connessi con la più diffusa parlata iliese che, a giudicare dai dati archeologici e antropologici aveva una matrice mediterranea sud-orientale ed era dunque imparentata con le altre parlate dei popoli del ramo rosso “camitico” (libio, egizio, cretese e cananeo (pre-semitico), per lo più legati a costumi matrilineari e al culto di una grande Dea e degli antenati in epifania zoomorfa. Finora l’elemento non ben messo a fuoco è proprio quello iliese, eppure i toponimi a base Gon- riferiti a rilievi, diffusi in tutta l’isola (Gonnos, Goni, Gonnesa, Bonnanaro/Gonnanaro e Gono/Bono nel settentrione) ad esclusione di quella occupata dai Corsi ma anche nell’Africa Settentrionale (Gona o Bona, Capo Bon), nella penisola iberica (Goi, Gonimenda) in Creta (Gonossos), nella Grecia (Gonoessa), sono i segnali di un orizzonte mediterraneo su cui occorre volgere lo sguardo con particolare attenzione.

- Riguardo ancora ai quesiti di Illiricheddu, ho fatto riferimento al sirilugum, richiamando Plinio il Vecchio, per evidenziare che il nome dell’antico abitato di Sirilò aveva una origine prelatina. Infatti, riferendosi al muflone, Plinio ricorda l’ophion come appartenente a una specie estinta e lo distingue dal musmo che colloca in Corsica e in Spagna (Nat. 8.199) e lo affianca (XXX,146), credo per la stranezza del nome, al sirulugus (secondo altre lezioni sirilugus, sirugulus, subiugus), chiaramente richiamato dai nomi sardi con prefisso tziri-, tzili- o tili- quali tiligugu, tirigugu, tziricuccu e tzatzaluga, riferiti a piccoli animali, in particolare rettili (geco, gongilo, stellione e altri) come è stato prospettato precedentemente in un commento. Al vocabolo sirulugus e sirilugus si avvicinano i toponimi di Siligogu, nome di un sito con nuraghe in agro di Silanus, e per l’appunto, di Sirilò, che a prima vista derivano il proprio nome da quello del rettile tiligugu, tirigugu o tziricuccu.

Articolo originale:

http://www.gianfrancopintore.net/index.php?option=com_content&view=article&id=397:ancora-due-o-tre-cose-sulla-resistenza-dei-sardi&catid=3:archeologia&Itemid=37

domenica 19 febbraio 2012

Prehistoric warriors from Sardinia re-assembled!

An elite force of prehistoric
warriors – carved from solid rock in the western Mediterranean 2700 years ago –
is rising from oblivion.

Archaeologists and conservation experts on the Italian island of Sardinia have succeeded in re-assembling literally thousands of fragments of smashed sculpture to recreate a small yet unique army of life-size stone warriors which were originally destroyed by enemy action in the middle of the first millennium BC.

It’s the only group of sculpted life-sized warriors ever found in Europe. Though consisting of a much smaller number of figures than China’s famous Terracotta Army, the Sardinia example is 500 years older and is made of stone rather than pottery.

After an eight year conservation and reconstruction program, 25 of the original 33 sculpted stone warriors – archers, shield-holding ‘boxers’ and probable swordsmen – have now been substantially re-assembled.

The warriors were originally sculpted and placed on guard over the graves of elite Iron Age Sardinians, buried in the 8 century BC. The stone guardians are thought to have represented the dead individuals or to have acted as their eternal body-guards and retainers.

However, within a few centuries, the Carthaginians (from what is now Tunisia) invaded Sardinia – and archaeologists suspect that it was they who smashed the stone warriors (and stone models of native fortress shrines) into five thousand fragments. It’s likely that the small sculpted army - and the graves they were guarding - were seen by the invaders as important symbols of indigenous power and status.

The site was abandoned and forgotten. Carthaginian control of Sardinia gave way to Roman, then Vandal, then Byzantine, Pisan, Aragonese, Spanish, Austrian, Savoyard and finally Italian rule.

The thousands of fragments were rediscovered only in the 1970s – and were excavated in the early 1980s by Italian archaeologist Carlo Troncheti. Two of the statues were then re-assembled – but the vast majority of the material was put into a local museum store where it stayed until 2004 when re-assembly work on the fragments was re-started by conservators in Sassari, northern Sardinia.

Sardinia’s newly recreated ‘stone army’ is set to focus attention on one of the world’s least known yet most impressive ancient civilizations – the so-called Nuragic culture which dominated the island from the 16 century BC to the late 6 century BC. Its Bronze Age heyday was in the mid second millennium BC - roughly from the 16 to the 13 century BC, when it constructed some of the most impressive architectural monuments ever produced in prehistory.

Even today, the remains of 7000 Nuragic fortresses (the oldest castles in Europe) still dominate the landscape of Sardinia. Several dozen have stood the test of time exceptionally well – and give an extraordinary impression of what Sardinian Bronze Age military architecture looked like.

The re-assembled stone army is expected to go on display from this summer at southern Sardinia’s Cagliari Museum, 70 miles south-east of the find site, Monte Prama in central Sardinia.

Many of the stone warriors are armed with bows or protected by shields – and wear protective carved stone armour over their chests and horned stone helmet over their heads. Some of the fighters – those believed to portray boxers – carry shields in their left hands, held aloft over their heads. These ‘boxers’ may well have represented or embodied shield-bearers serving the high-ranking members of the Sardinian Iron Age interred in the adjacent graves.

There were also a series of at least ten model Nuragic castles of different designs – some single-towered and others sporting more elaborate ‘multi-tower’ fortifications.

It’s likely that the models represent the actual monumental buildings (Bronze Age fortresses transformed into Iron Age ‘ancestral’ shrines) associated with each buried individual’s immediate family.

The ruling elite of this part of Sardinia may well have been a relatively tightly knit group of closely related individuals. For scientific work carried out on the skeletal material at a laboratory in Florence, suggests that most of the dead individuals were from just two generations of a single extended family.

Fonte: http://www.independent.co.uk/news/science/archaeology/prehistoric-cybermen-sardinias-lost-warriors-rise-from-the-dust-6988952.html