mercoledì 31 agosto 2011

Dai Nuragici agli Etruschi


Navi di Bronzo

In Toscana, nell'ambito dell'XI edizione de "Le Notti dell’Archeologia”, che quest'anno ha come tema "Le acque degli Antichi", il museo civico archeologico "Isidoro Falchi" di Vetulonia presenta la mostra “Navi di bronzo. Dai Santuari nuragici ai Tumuli etruschi di Vetulonia".

Il tema delle acque (risorsa idrica, spazio e strumento di dialogo commerciale e culturale) è lo sfondo ideale per un'esposizione che si incentra sui contatti fra civiltà ed etnie differenti e sugli scambi intrapresi fra l’etrusca Vetulonia e la Sardegna sin dall’Età del Bronzo.
La mostra indaga in particolare la complessa trama di rapporti fra la fascia costiera peninsulare toscana e la terra dei Sardi per evidenziare e chiarire il ruolo della componente nuragica e il peso della marineria vetuloniese nella distribuzione di oggetti importati e prodotti nei primi secoli dell’Età del Ferro.
Fulcro tematico e perno scenografico dell’esposizione sono le barchette bronzee. "Reperti che - spiega la direttrice del Museo di Vetulonia, Simona Rafanelli - possono a tutti gli effetti essere considerate la prima evidenza che collega la Sardegna nuragica al mare e Vetulonia alla Sardegna e al mare e che rappresentando idealmente una serie di ideogrammi che raccontano la storia incrociata dei due popoli del Mediterraneo”.
Chiave di lettura dell'esposizione sono le categorie ideali delmare, dell’acqua e del vino. A questo alludono infatti le navicelle (tradizionalmente interpretate quali lucerne o brucia profumi, che riproducono imbarcazioni ornate da protomi zoomorfe) e le fiaschette di tipo cipriota (riprodotte in miniatura negli omonimi pendagli bronzei) e le brocchette a collo obliquo e ventre arrotondato (che contenevano la preziosa bevanda, vero e proprio status symbol delle aristocrazie etrusche). C'è poi la classe delle armi e oggetti dell'ornamento personalerappresentati, nella forma simbolica di amuleto, da “faretrine” e bottoni nuragici. Reperti che si intrecciano e convivono all’interno di un itinerario che, per quanto riguarda la distribuzione dei materiali, esula volontariamente da una netta distinzione fra isola e continente.
Il percorso espositivo si ispira al tema più generale dell’eterno flusso e riflusso delle onde del mare, snodandosi attraverso un intricato sistema di realtà e simbolo, di allusioni e rimandi, di importazioni e riproduzioni e guidando il visitatore alla conoscenza di quegli oggetti che rappresentano il lascito materiale di una stretta relazione fra comunità etrusche ed isolane che risale a un’epoca remota e che coniuga gli estremi di un rapporto capace di promuovere dinamiche di sviluppo, crescita e integrazione culturale.
Per sottolineare la particolare dialettica instauratasi fra le città dell’Etruria settentrionale costiera e le principali isole del Tirreno. Al termine del circuito di visita, una sezione specifica è riservata all'unica città etrusca sorta sul mare: Populonia. Su questo tema, in ottobre, è previsto il Convegno di Studi Etruschi e Italici incentrato sui rapporti fra la città sul Golfo di Baratti e la Corsica.
Chiude la mostra il forte segno iconico del Tridente della tomba a Circolo di Vetulonia, per rappresentare una sorta di “passaggio di testimone” del dominio sul mare dalla Sardegna nuragica dell’Età del Bronzo alle città etrusche della costa tirrenica, prima fra tutte Vetulonia.

Le navicelle nuragiche

Le barchette bronzee sono la prima evidenza che collega la Sardegna nuragica al mare e Vetulonia alla Sardegna e al mare. Le ‘barchette’ o ‘navicelle’ sono un prodotto caratteristico della civiltà nuragica e costituiscono un eccezionale documento che ci parla di un vasto mondo di conoscenze: carpenteria navale, rotte, commerci, organizzazione sociale ed economica senza dimenticare la loro valenza quale segno di prestigio e potere che solo può spiegare la conservazione in luoghi ed epoche anche molto lontane, rispetto a quella della fabbricazione.
Questi reperti si ritrovano frequentemente nella penisola in corredi funebri (soprattutto a Vetulonia) e in ripostigli dell’Etruria tirrenica ma anche oltre, nella Campania villanoviana ed in Calabria.
Ognuna di queste navicelle non solo è un’opera di raffinato artigianato artistico e un oggetto prezioso e sacro, ma è anche un racconto e un messaggio che segue schemi e stilemi ricorrenti e dunque perfettamente comprensibili ai contemporanei quanto lo sono per noi sigle e stemmi.
Oggetto di dono tra capi o tra individui eminenti, le navicelle sono simbolo degli scambi commerciali e dei rapporti personali. Ma c’è di più. Esse potrebbero essere il segno dell’acquisizione di costumi esotici, di rituali stranieri da parte delle elites villanoviane per via del prestigio che esse dovevano presentare ai loro occhi. E' questo il caso delle fiaschette, ove testimoniano il costume di assumere bevande di tipo alcolico.
Oggetti caricati di valore simbolico e sacrale che in Sardegna sono presenti esclusivamente in contesti santuariali (pozzi sacri e templi), le navicelle bronzee, in Etruria, provengono da corredi tombali. A testimoniare ancora una volta come le forme di tesaurizzazione fino alla piena età Orientalizzante (VII sec. a.C.) fossero esclusivamente di tipo privatistico.
Sulla base dei dati archeologici e metallurgici e dello studio delle costruzioni navali antiche, la produzione delle barchette nuragiche si colloca all’apogeo della Civiltà Nuragica, nella piena padronanza delle risorse interne ed esterne che hanno determinato la presenza riconosciuta e ‘qualificata’ della Sardegna sulle rotte commerciali del Mediterraneo.
Così come i modellini di nuraghe (frequentissimi in pietra e in bronzo ed in dimensioni da scultoree a miniaturistiche) rappresentano sia il monumento che la comunità che lo aveva prodotto, anche i modellini di nave simboleggiano sia la nave cheil gruppo sociale che nei commerci, nella marineria e molto probabilmente anche nella pirateria, traeva il sostentamento per sé e per coloro che restavano a terra.
Il richiamo a terra, costante in Ulisse e nei suoi compagni, che in tutte le traversìe mantenevano il senso della loro identità e la tensione continua al “ritorno”, appare raffigurato, nelle navicelle, dal giogo di buoi, volto sempre verso la poppa come nelle barchette da Meana e dalla Tomba del Duce di Vetulonia, dalla protome bovina a prua, spesso riconoscibile dalle sferette sulla punta delle corna, come in una delle barchette dalla Tomba delle Tre Navicelle, dalle colonnine che rappresentano modellini di nuraghe come nell’‘albero’ di navicella da Furtei, dagli animali terrestri, come le volpi o i cani sulla barchetta da Meana, talvolta composti in scenette di caccia, come i due cani con il cinghiale sulla navicella dalla Tomba del Duce di Vetulonia.
Prezioso documento della signoria nuragica dell’età del bronzo finale (al tempo stesso metallurgica, navale e commerciale) non stupisce infine che in questi oggetti permanesse una forte valenza simbolica anche in epoca avanzata ed in ambito tirrenico, cosa che spiega la lunga tesaurizzazione di questi manufatti anche presso i discendenti (a Vetulonia, che del mondo nuragico ha raccolto le più vive ed importanti tradizioni, finivano come arredo di tombe principesce oppure divenivano offerta sacra in santuari portuali come Gravisca, Capo Colonna, Porto di Ostia).
“D’altra parte – conclude Simona Rafanelli – come si è già osservato, se i primi imperatori romani hanno voluto far risalire ad Enea e a Venere la propria stirpe, perché mai i principi vetuloniesi potevano esitare a richiamare fra i propri avi i mitici guerrieri, navigatori e pirati del Popolo delle Torri?”.

Articolo di Valerio Giovannini

mercoledì 2 marzo 2011

«Il villaggio nuragico di Ploaghe cancellato dal nastro d'asfalto»

SASSARI. È il primo, in sala, a dire che c'è qualcosa che non va. Rubens D'Oriano, archeologo, parla in rappresentanza della Soprintendenza ai beni archeologici. E difende «un patrimonio collettivo sul quale un intervento come questo inevitabilmente va a incidere».

Fa una premessa: «La legge 163 del 2006 stabilisce che i progetti delle opere pubbliche debbano essere trasmessi alla Soprintendenza in fase preliminare, in modo da consentire i sopralluoghi nel territorio». Poi aggiunge: «Questa fase, per quanto riguarda i lotti zero e uno, non è stata ancora completato». Significa che, al momento, la Soprintendenza non ha in mano un quadro completo, dunque non può dire quanto impatta la strada, complessivamente, sul patrimonio archeologico della zona.

Per ora, l'unica certezza riguarda un villaggio nuragico a Ploaghe: il sopralluogo ha consentito di verificare che verrebbe in parte cancellato dal nuovo nastro d'asfalto. Per questo D'Oriano, chiamato a esprimere un parere favorevole o contrario al progetto, spiega che «sarebbe meglio approfondire, fare ulteriori verifiche.

Per, eventualmente, modificare il tracciato per tutelare i beni già rilevati e quelli che potranno emergere. Perché - sottolinea - da parte mia non c'è alcuna volontà di ostacolare la realizzazione di un'opera pubblica fondamentale. Ma i sopralluoghi sui territori sono fondamentali».

Antonio Scalamandrei, dirigente dell'Anas, invita a fare presto: «Vorrei che gli studi archeologici si concludessero entro marzo, prima dei bandi, in modo da pianificare interventi aggiuntivi e darne comunicazione alle imprese». D'Oriano è soddisfatto, ma i tempi sono stretti, difficilmente saranno rispettati. Forse però almeno il villaggio nuragico potrà essere salvato.


Articolo di Silvia Sanna,
Da la nuova Sardegna
http://lanuovasardegna.gelocal.it/sardegna/2011/03/02/news/il-villaggio-nuragico-di-ploaghe-cancellato-dal-nastro-d-asfalto-3576904

martedì 1 marzo 2011

Cabras, depredato dai tombaroli il nuraghe di Sa piscina arrubia

CABRAS. L'obiettivo era facile come pochi. I tombaroli che hanno preso di mira il piccolo (e dimenticato) complesso nuragico di Sa piscina arrubia hanno lavorare in tutta tranquillità, protetti dall' oscurità della notte, e al riparo da occhi indiscreti. Molto probabilmente lo scavo è andato avanti per parecchio tempo, tanto che gli intrusi sono riusciti a penetrare nella terra accumulata all' interno della torre principale per almeno un metro e mezzo di profondità.

Sul posto, ieri, c'erano ancora alcuni degli attrezzi utilizzati per lo scavo: una pertica di metallo, per sondare il terreno, e una coppia di secchi, utili per rimuovere i detriti accumulati nel corso del lavoro. Impossibile stabilire con esattezza cosa abbiano trovato.

La parte visibile del nuraghe è solo la cima del complesso, il resto, come fosse un iceberg, è sepolto sotto metri di terra compattata nei millenni. Una situazione comune a molti dei circa cento nuraghi censiti nella penisola del Sinis. Una particolarità, unita allo scarso controllo, che fa di questo territorio la meta più ambita dai tombaroli. Sono in tanti a battere a tappeto il Sinis alla ricerca di preziosi reperti da piazzare sul mercato nero. D'altra parte, la zona, soprattutto durante la notte, è terra di nessuno. Gli unici habituè sono per lo più ladri e ladruncoli che prendono di mira le tante aziende agricole e quelli che, appunto, vanno alla ricerca del loro personalissimo "Santo Graal".

Il nuraghe di Sa piscina arrubia non fa eccezione, nonostante sia visibile anche dalla strada provinciale che conduce a Is Aruttas l'affascinate complesso nuragico, dotato anche di una piscina naturale, alla quale si deve il nome, è frequentato da incoscienti, piuttosto che emuli, di Indiana Jones. Infatti, la tenuta statica del nuraghe è compromessa dal tempo e dall'incuria dell' uomo e il pericolo di crollo è più che una semplice eventualità.

Un rischio, quello di finire sepolti, sottolineato dalla dottoressa Carla del Vais, archeologa e curatrice del museo civico di Cabras, che ieri sera ha effettuato un sopralluogo. «Per il momento posso solo dire che non si tratta di uno scavo autorizzato, anche perché il complesso potrebbe crollare da un momento all'altro e le tecniche utilizzate dagli esperti sarebbero state molto diverse», ha detto l'archeologa che ha aggiunto, «i tombaroli potrebbero essere persone del tutto improvvisate, il nuraghe in questione è uno tra i meglio conservati e conosciuti. E' improbabile ora possa riaffiorare qualcosa di particolarmente prezioso».

Ma i ladri si accontentano anche di oggetti non necessariamente rarissimi convinti comunque di emulare Heinrich Schliemann, il ricco commerciante tedesco appassionato di archeologia che per primo si imbattè nelle rovine di Troia e nel tesoro di Priamo.

Di Claudio Zoccheddu
dal sito della Nuova Sardegna (All rights reserved-Tutti i diritti riservati)
http://lanuovasardegna.gelocal.it/sardegna/2011/03/01/news/cabras-depredato-dai-tombaroli-il-nuraghe-di-sa-piscina-arrubia-3567310

domenica 16 gennaio 2011

Qualche speranza per il Nuraghe Diana?

Flebili speranze per il nuraghe Diana. Dopo roboanti articoli giornalistici in cui si riempiva la bocca di tante buone promesse, ecco il risultato.

Sito regione Sardegna